Alla ricerca della felicità: pensieri a casaccio

Alla ricerca della felicità
Photo by: Matthew Henry

Sono in cammino, alla ricerca della mia felicità.
Prima tappa di viaggio, Mosca.

Seduta sul letto di un ostello a basso costo, sprofondo nella mia inquietudine cercando una risposta che possa sciogliere il nodo che ho allo stomaco: sono sulla strada giusta, oppure ho fatto il passo più lungo della gamba?
La porta della stanza si apre piano, due ragazze entrano cercando inutilmente di non fare rumore. Parlottano tra loro una lingua a me incomprensibile, ridacchiando di tanto in tanto mentre si preparano per la notte.
Iniziano un chiassoso via vai tra la camera che condividiamo e il bagno, acute risatine risuonano dal corridoio.
Mi chiedo se anche loro, come me, sono alla ricerca della felicità, o se magari non l’abbiano già trovata, nella sicurezza di un’amicizia che le protegge dalla solitudine.

Sono le 23.15, la luce della stanza è spenta da un pezzo.
Tiro la tendina del mio letto e mi nascondo al mondo. Mi rinchiudo nei miei pensieri, nelle mie paure e nelle mie speranze, consapevole di aver preso una decisone che potrebbe aver dato una svolta alla mia vita mentre là fuori pulsa, il gigantesco cuore di Mosca.

Che rumore fa la felicità?

Noi esseri umani abbiamo sviluppato una straordinaria capacità di adattamento.
Il nostro spiccato senso di sopravvivenza ci permette di accettare qualsiasi situazione, per quanto scomoda o assurda questa possa essere.
Ed è una cosa buona, davvero.
Anche se, a lungo andare, può diventare una lama a doppio taglio: rischiamo di cadere nel circolo vizioso di un’abitudinarietà che non ci appartiene, che ci sta stretta.
Che sia per paura o per pigrizia, sopportiamo situazioni che non riusciamo ad accettare fino in fondo, ma che allo stesso tempo non vogliamo cambiare.
Diciamocelo, è più comodo lasciare che le cose restino come stanno, piuttosto che alzare il culo e attivare il cervello.

La ricerca della felicità, quella vera, è un lavoro duro e pericoloso. Perché rischiare di affrontare del dolore “non necessario”, quando il caro vecchio adattamento è a portata di mano?
Ci basta formulare questo pensiero, e la vita che ci è capitata risulta improvvisamente più tollerabile… a patto di avere l’occasionale possibilità di lamentarci con gli amici.
La passività è una grande piaga del mondo moderno, o almeno di quella piccola parte che mi è dato di conoscere.

Alla ricerca della felicità
Photo by: Pegleess Barrios

La ricerca della felicità, una questione di coraggio

Insomma pensaci: quante volte rinunciamo alla felicità per paura che sia solo un’illusione?
Rimaniamo rintanati nel nostro piccolo buco sicuro, fatto di certezze traballanti e vecchie esperienze, e restiamo fermi a guardare il nostro tempo che si prosciuga in rimpianti e occasioni perse.
Basterebbe alzarsi in piedi, scrollarsi la polvere di dosso e allungare una mano:
sei tu l’artefice della tua felicità. Non delegare questo compito a nessuno.

Siamo esseri estremamente paurosi e contorti: temiamo il dolore ma abbiamo paura di essere felici. Desideriamo l’amore, ma l’ossessione del tradimento non ci permette di capire che la nostra vita ne è piena.

Siamo follemente terrorizzati del giudizio altrui, orribile gabbia mentale, sbarre immaginarie incredibilmente resistenti.
Questa consapevolezza, insieme al mio amore per gli Ska-p, mi ha portata alla scelta del mio motto: El miedo es una jaula, la paura è una gabbia.
Puoi trovare questa perla di saggezza nella canzone Se Acabó, album 99% uscito nel 2013. Ascoltalo, ne vale veramente la pena!

Piazza Rossa, Mosca, transiberiana, viaggio in solitaria
Nella Piazza Rossa di Mosca

Ma come ci sono finita in Russia?
La Transiberiana: la mia svolta nella vita.

Vivo in un paese fortemente turistico e come ogni giovane che si appresta ad entrare nella vita adulta, anche io ho cominciato a lavorare a ‘stagione’.
Chi ha vissuto in una realtà simile alla mia, sa bene di che cosa parlo: periodi di lavoro medio-lunghi, nei quali ci si fa un culo quadro (perdona il linguaggio), e lo stress raggiunge livelli esasperanti.
Il lato economico è un aspetto positivo da non sottovalutare, ma quel che ne risente è la propria salute e stabilità mentale.
Il lavoro stagionale può infatti trasformarsi in una vera e propria prova di pazienza: vieni giornalmente aggredito da una massa di turisti affamati di selfie e di notorietà da Tripadvisor, così pieni di sé e di cose da fare che a malapena riescono a godersi l’idea della settimana di relax che tanto hanno agognato nei 358 giorni precedenti alla loro cosiddetta ‘vacanza’.

Lavorare a stagione significa essere costretti a sorridere cordialmente a tutti, incluso certi personaggi estremamente frustrati dalla vita, capaci solo di lamentarsi di qualsiasi cosa non rientri nella loro visione utopica di vacanza da cartolina.
Camerieri, baristi e lavoratori di ogni genere sono le loro vittime preferite, in quanto legittimati dal loro status di ‘turista pagante’. I poveretti nulla possono contro la prepotenza e la maleducazione di tali personaggi, se non inghiottire l’ennesimo boccone amaro.
E sorridere, fingere e recitare.

Giorno dopo giorno, stagione dopo stagione. Il tempo passa, gli anni si accumulano e in un attimo me ne ritrovo addosso 28. E il mondo continua a girare, e i miei occhi continuano a sognarlo nei colori di una cartina gigante appesa in camera.
Vedo passare backpackers dal volto radioso e lo sguardo pieno di luce e quasi mi sembra di viaggiare con loro, mentre una sorta di invidia passiva mi invade il cuore e lo stomaco.

Mi riempio la testa di articoli, libri, blog di viaggio. Storie meravigliose di persone coraggiose che non temono le conseguenze di prendere in mano la loro vita e fare ciò che io agogno da anni: viaggiare.
Viaggiare per vivere il mondo, le persone, le culture. Viaggiare per vivere la vita.

Alla ricerca della felicità
Photo by: Tomas Villamil


Ecco che allora prendo LA sacrosanta decisiva decisione: voglio dare una svolta alla mia vita, dare libero sfogo ai miei sogni.
Ecco che decido di partire per un viaggio in solitaria, lontano da tutto ciò che mi è anche solo minimamente familiare.
Destinazione? Russia, Mongolia e Cina, per cominciare.
Poi si vedrà, voglio vivere il momento e andare dove mi porta il cuore… e le finanze, ovviamente. Quelle bisogna sempre tenerle in considerazione, tanto per togliere un po’ di poesia e ritornare con i piedi per terra!
È un po’ una sfida con me stessa e un po’ una necessità. Ho l’enorme bisogno di cambiare totalmente aria, mettermi alla prova e vedere che cosa ne esce.

Ecco quindi, che mi ritrovo in una camera d’ostello nel centro di un’enorme, straordinaria, assurda Mosca.
Da sola, con me stessa.

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