Incontri più o meno casuali in quel di Xi’an

Si chiama Saqib, ma si presenta con il nome inglesizzato di ‘Jack’. Ci incontriamo al confine del quartiere musulmano, ai piedi della Drum Tower.
Ho conosciuto Jack tramite Couchsurfing, che oltre all’opportunità di ospitare ed essere ospitati, questa meravigliosa piattaforma offre l’occasione di incontrare altri viaggiatori o la gente del luogo.
Jack è un ragazzo pachistano, vive a Xi’an da un anno e mezzo. Sta terminando i suoi studi e qualche volta lavora con i bambini come insegnante di inglese. Ha lo sguardo buono e un sorriso sereno che trasmette pace.
Sono quasi le sette di sera e Jack mi propone di andare a mangiare qualche cosa, così ci immergiamo nelle vie affollate del mercato.
Andiamo in un ristorantino piuttosto rinomato in questo quartiere per la bravura e l’esperienza del cuoco, e infatti lo troviamo quasi pieno.
Per l’ordinazione e la scelta delle portate lascio fare a Jack e durante l’attesa ci viene offerta una tazza di tè, come da tradizione.
Nonostante la quantità di clienti la cucina si rivela molto rapida, e nel giro di qualche minuto la tavola si riempie di squisiti piatti tipici cinesi. Inutile dire che è tutto ottimo!
Jack è un ragazzo intelligente, gentile e simpatico. Durante la cena parliamo di tutto un po’, dei nostri viaggi, dei sogni e dei progetti futuri. Mi parla del Pakistan e della Cina, della sua famiglia e della sua cultura.

Alla fine della cena nonostante le mie proteste ha insistito per pagare il conto, affermando che essendo sua ospite era il minimo che potesse fare.
A differenza di me, è un ragazzo con le idee molto chiare. Una volta terminati gli studi intende rimanere in Cina per ottenere un buon lavoro e poi chissà, magari soddisfare il desiderio di sua madre e trovare una brava ragazza con cui costruire un futuro insieme!

●●●

Il mio ultimo giorno in città lo voglio trascorrere passeggiando a caso nella zona sud-ovest di Xi’an.
Nonostante l’estate stia volgendo al termine, il caldo è soffocante e cerco riparo sotto l’ombra di un albero. Me ne sto tranquilla persa nell’intricato mondo dei miei pensieri, osservo il via vai della gente per strada.

Ad un tratto mi si avvicina una ragazza e con un marcato accento cinese mi chiede se parlo inglese. Alla mia risposta affermativa, attacca bottone raccontandomi di essere una studentessa che desidera ardentemente migliorare il suo inglese. Si chiama Judy e mi propone di essere la mia guida per un giorno.
Io mi metto istintivamente sulla difensiva, tutta la situazione mi pare un pochino strana. Tralasciando il suo modo di fare, il personaggio proprio non mi convince. E poi una guida è l’ultima cosa che voglio, in questo momento desidero solo perdermi per le vie di Xi’an.
Provo a rifiutare gentilmente e faccio per andare via, ma la ragazza mi blocca in un vortice di chiacchere. Si cimenta in un monologo nel quale mi racconta tutta la sua vita: il suo percorso di studi, il suo amore per la lingua inglese, il suo gusto per la moda e il suo desiderio di andare a New York. Mi dice che gli amici scherzano con lei sul suo essere in sovrappeso, mi mostra i suoi 1.500 selfie fatti poco prima sul bus, e mi racconta di quanto le piacciano le alette di pollo del KFC.

Comincio ad abbassare la guardia, mi fa quasi tenerezza. Non vuole soldi, vuole solamente parlare con me per esercitare il suo inglese. Sono combattuta tra la possibilità di inventarmi una scusa e levarmela di torno o provare a vedere che succede rimanendo esattamente dove sono e lasciare che gli eventi seguano il suo corso.
Decido di darle una chance e provo ad avere una conversazione con lei mostrando interesse per quel che dice, ma mi è quasi impossibile inserirmi nel suo lungo monologo.
Ogni tanto si ferma e mi porge le tipiche domande di esercizio che si trovano nei testi scolastici di lingua. Mi chiede di parlarle del mio paese e della mia famiglia, quali sono i miei hobbies e interessi, quale cibo preferisco e quale invece detesto. Insomma, sono ritornata ai tempi della scuola!
Mi propone di passeggiare assieme e io accetto divertita. Ne approfitto per chiederle se mi aiuta a cercare un giornalaio, non ho ancora avuto l’occasione di comperare un giornale cinese. Le si illuminano gli occhi e acconsente felice.
Mi chiede di fare un selfie insieme e dopo averne scattato una ventina o più, ci incamminiamo lungo la via.
Ha un modo di fare strano, sarà per l’ atteggiamento da teenager che si sforza di assumere. Si sistema i capelli in maniera compulsiva, parla con una fastidiosa vocina falsata. Le pose che assume nelle foto sono tutte uguali, il filtro ‘bellezza’ impostato al massimo, il viso serio vagamente sexy. Una ragazzina nel corpo di una donna.
Però è divertente e gentile, e ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. Vediamo come va a finire!
Judy chiede qualche indicazione alle persone che incrociamo per strada e finiamo in una gigantesca libreria. Entrata nel negozio comincia a vagare per gli scaffali, senza una meta precisa, totalmente a caso. Io tengo il passo subito dietro. Le propongo di chiedere informazioni a qualche dipendente, ma lei mi ignora. Mi domando se non abbia frainteso le mie parole, magari non ha capito che cosa sto cercando.
Si ferma davanti ad una bacheca che espone antiche monete cinesi e le indica euforica.
“Non sono bellissime? Le vorresti? Ti piacciono le monete da collezione?” e senza darmi il tempo per rispondere chiede il prezzo al commesso. Poi mi guarda sconsolata e divertita insieme e mi dice che purtroppo sono molto costose. Io la rassicuro dicendole che non sono interessata alle monete, voglio solo comperare un giornale.
Tutto inutile, lei sembra non ascoltare e parte in quarta verso lo scaffale successivo.
“Sì sì,” dice, “è tanto per fare un giro!”
La scena delle monete si ripete di nuovo, questa volta con orribili spille giganti piene di brillantini;  si sofferma poi sullo scaffale delle mappe geografiche, su quello delle riviste e finisce per sfogliare alcuni grossi manuali piuttosto vecchi.
Ad ogni articolo nuovo su cui posa l’attenzione mi porge le stesse domande, come se stessimo facendo un esercizio di conversazione in classe.
Io comincio a valutare le possibili vie di fuga che posso adottare per scampare alla situazione nella quale sono finita.
Appurato che in libreria giornali non ne vendono, siamo uscite di lì per dirigerci in quella che lei ha definito ‘Fashion Street’. Mi porta in una specie di centro commerciale dozzinale, situato sottoterra, dove insiste per comperarmi un lecca-lecca alla fragola.
L’ho seguita avanti e indietro lungo i corridoi illuminati dalle vetrine, nei negozi e nelle botteghe. Con il mio lecca-lecca gigante in mano.
Anche qui si ferma a rimirare qualsiasi oggetto esposto, con fare del tutto casuale e senza un reale interesse.
“Ma sì dai, è tanto per dare un’occhiata!” mi dice mentre prende in mano un’improbabile ciabatta munita di tacco dodici e guarnita con ciuffi di morbido pelo viola.
Abbiamo passato in rassegna borse, scarpe, giocattoli, gioielli, oggetti per il make-up e vestiti.

Provo a portare il discorso ad un livello più profondo per rendere la chiacchierata più interessante, ma niente da fare, la conversazione si blocca. Grammaticalmente il suo inglese è perfetto, fatica però nella comprensione. Cerco quindi di usare parole differenti o più semplici ma invece di ascoltarmi per capire il senso del discorso, lei comincia a ripetere automaticamente a pappagallo ogni mia singola parola, nell’esatto momento in cui io la pronuncio! L’effetto finale è un fastidioso eco che mi manda in totale confusione facendomi perdere il filo del discorso. Ci rinuncio.
Ad un tratto mi propone di fermarci un po’, vuole portarmi in un posto particolare dove poter riposare. Immaginando sia un parco o una qualche piazza accetto volentieri, ma la mia aspettativa non potrebbe essere più lontana dalla realtà.
Una sala giochi. Il suo posto speciale per riposare è una sala giochi piena zeppa di luci psichedeliche colorate e con la musica a palla. E non vuole giocare a nulla, si siede sullo sgabello di uno dei tanti giochi e mi invita a fare altrettanto. Mi ritrovo così, nel mezzo del trambusto di una sala giochi, mangiando un lecca-lecca alla fragola e fissando il vuoto.
Il pretesto dell’ora tarda mi aiuta ad uscire di lì e la convince a lasciarmi andare.

In Cina nei giochi delle sale giochi è possibile vincere dei Noodles!

Mi riaccompagna sul ponte dove ci siamo incontrate e insiste nel regalarmi un maialino rosa di gomma, uno di quelli che quando li schiacci fanno SQUEEEEEZE!
Dopo un’altra mezz’ora di chiacchiere infinite sui suoi film preferiti, gli attori, le commedie e le serie tv, finalmente ci salutiamo. Lei con una luce felice negli occhi e io con il sollievo di essere riuscita a svincolarmi dall’ennesima assurda situazione!
Quel che si dice uno strano pomeriggio alternativo, che tutto sommato è stato divertente!

2 Risposte a “Incontri più o meno casuali in quel di Xi’an”

  1. E brava Enrica,
    Nel leggere questa tua ultima pagina ero un po’ in ansia per come poteva finire…ma te la sai cavare in tutte le situazioni! Continua così, sei grande e sei super coraggiosa. Lory.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.