Irkutsk, la mia personale porta per l’Asia

Transiberiana, Russia, Incendio Siberia
Il fumo dell’incendio in Siberia

Sono in viaggio.
Un’ora di treno soltanto mi separa dalla mia prossima meta, la città di Irkutsk.
Guardo fuori dal finestrino ma non vedo nulla, tutto è oscurato da una nebbia grigio scuro.
Gli altri passeggeri borbottano preoccupati, una signora mi guarda e con fare rassegnato dice: “Fire.”
Tutti lo chiamano ‘The big wildfire’, il grande incendio.
Dal finestrino aperto entra un lieve odore di bruciato, ed è come respirare un presagio di morte.

Incontri casuali in quel di Irkutsk

Uscita dalla stazione, mi ritrovo catapultata in uno di quei paesaggi che solitamente si vedono nei libri: sono circondata da caseggiati più o meno fatiscenti che si affacciano su di una strada sconnessa e irregolare.
Vecchi tram traballanti annunciano il loro passaggio con un inconfondibile rumore sferragliante. Si fermano in quelle che a prima vista sembrano punti casuali della strada; solo in un secondo momento noto un piccolo cartello scolorito, che appeso in aria segnala la presenza della fermata.

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Vagando per le viuzze di Irkutsk

Non ho quasi il tempo di guardarmi intorno che uno sciame di taxisti mi si fa intorno, offrendomi una comoda alternativa per raggiungere la mia meta ma li respingo con modi gentili.
Mi allontano e raggiungo la fermata.
Salgo sul tram numero 1, e ritrovo una simpatica famiglia di italiani che avevo conosciuto qualche minuto prima in stazione. Hanno un piano di viaggio molto simile al mio e finiamo col parlare delle rispettive tappe, delle impressioni e delle esperienze avute in questa strana terra.
Il tram fa un rumore infernale, stride e geme ad ogni manovra e il volume delle nostre voci si adatta di conseguenza. Nulla di esagerato, quel tanto che basta per riuscire ad avere una conversazione.

Sono tutta intenta a raccontare chissà quale episodio divertente capitatomi in treno, quando vengo interrotta dalle grida furiose di un’adorabile vecchina che siede poco distante dal nostro gruppetto. Con il viso deformato dalla rabbia ci vomita addosso un fiume di parole a noi del tutto incomprensibili, non fosse per il linguaggio gestuale grazie al quale capiamo che è profondamente infastidita dal suono troppo alto delle nostre voci.

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Il museo d’arte, Irkutsk

La guardiamo esterrefatti, non osiamo spiaccicare una sola parola tanto è il nostro stupore di fronte alla sua ira improvvisa.
Finito il monologo, la vecchina torna a girarsi borbottando tra sé e sé.
Temendo un’altra sfuriata cerchiamo di parlare sottovoce, soffocando le risate.
Abbiamo gli occhi di tutti addosso, e per la prima volta percepisco la differenza culturale che ci divide, la capisco e la comprendo.
Mi viene da ridere mentre penso al classico luogo comune che dipinge noi italiani come persone chiassose, e per la prima volta mi ci riconosco.
Sento una sorta di senso di appartenenza.

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Irkutsk

La città di Irkutsk

Irkutsk ha uno strano modo di mescolare il vecchio con il nuovo, è un gigantesco impasto omogeneo di legno e cemento, di sabbia e asfalto, di novità e tradizione.
Ampie strade lastricate si snodano tra gli edifici moderni, le caffetterie e i ristoranti. Poco lontano sorge una moltitudine ordinata di vecchie casette in legno, che adornano le vie con i loro colori sbiaditi, nascondendo ampi cortili fangosi alla vista del passante distratto.
Sentieri in terra battuta che trasportano il pensiero a tempi più remoti.

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Irkutsk, sulla destra la Chiesa dell’Esaltazione della santa croce di Dio

Ekaterinburg è considerata il confine tra la Russia europea e quella asiatica, ma la mia personale porta per l’Asia è stata Irkutsk.
È qui che ho cominciato a notare un cambiamento: i volti si sono fatti più ampi e piatti, gli occhi si sono allungati, i sorrisi si sono moltiplicati.
È cambiato il paesaggio, la religione, l’aspetto delle città, degli edifici e delle strade.

Sono a Irkutsk e mi sono resa conto di essere ufficialmente entrata in Asia.
Sono arrivata in Asia! Cavolo, mi viene quasi da piangere per l’emozione!

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Irkutsk

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