L’Isola di Olkhon, sul Lago Baikal

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L’Isola di Olkhon, vista dal traghetto

L’isola di Olkhon è un’immensa zolla di terra, dalla natura cruda e selvaggia.
Se ne sta comodamente adagiata nelle fredde acque del lago Baikal rubandogli un po’ di quella grandezza che lo caratterizza.
Dicono che Olkhon sia il cuore stesso del lago e forse lo è per davvero. Le onde danzano sulle sue coste rocciose al ritmo volubile del suo costante pulsare, mentre il vento pungente intona l’eco del canto dei gabbiani.

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Pilastri sacri, con i tipici nastri colorati,
Isola di Olkhon

Percorro questo muscolo di terra a bordo di un vecchio bus maltrattato, risalgo le sue lunghe arterie terrose mentre il mio sguardo vaga attraverso un paesaggio spettacolare in continua trasformazione.
Le mucche pascolano libere nell’infinito, qualche volta si avventurano sulla carreggiata sfidando la sorte.
Di tanto in tanto saltano all’occhio i colori variopinti degli altari sacri, disseminati lungo la via. È usanza offrire piccoli doni agli spiriti, per chiedere loro protezione e buona fortuna. Gli si dona del cibo, soldi, o qualche sigaretta. Chi se lo può permettere, offre addirittura della vodka.

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Un altare sacro a Capo Khoboy, il punto più settentrionale dell’isola

Il bus prosegue imperterrito lungo la strada sconnessa e il panorama muta nuovamente il suo aspetto, prende i toni del marrone e del giallo. Ammiro il passaggio di imponenti colline aride, costellate di bianche pietre aguzze.

Villaggio di Uzur, Isola di Olkhon, Lago Baikal, Russia, Transiberiana, viaggio in solitaria
Villaggio di Uzur, situato nella baia Haga-Yaman del lago Baikal,
sponda orientale dell’Isola di Olkhon

Irkutsk – Khuzhir, e il mio arrivo sull’isola

9 lunghe ore di autobus separano la città di Irkutsk da Khuzhir, la principale cittadina dell’isola di Olkhon.
Trascorro questo tempo immersa nei miei pensieri, lo sguardo fisso sull’orizzonte e il cuore in tumulto.
La natura che mi si presenta davanti cambia con lenta ma graduale costanza.
Dalle praterie sconfinate, che si srotolano a perdita d’occhio posandosi dolci su onde di colline verde rame, alle folte foreste di conifere, che invadono il mio campo visivo e quasi non me ne rendo conto. Migliaia e migliaia di alberi svettano fieri verso il cielo immenso, mescolando un verde scuro e prepotente al blu tenue e luminoso.
Di tanto in tanto, le linee ben precise di qualche steccato tentano di domare l’indole primitiva di questi luoghi, rinchiudendola in qualche fazzoletto di terra.

Raggiungo la guest-house di Khuzhir al tramonto; sono esausta, letteralmente a pezzi.
Non mi sono ancora abituata alle distanze smisurate che caratterizzano gli spostamenti in Russia!

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Capo Burkhan o “Roccia dello Sciamano” al tramonto

Qui incontro Artem, un ragazzo di Mosca con la passione per la fotografia.
Parla un inglese perfetto, e la responsabile della guest-house ne approfitta per farsi aiutare: il povero Artem è praticamente costretto a spiegarmi nei minimi dettagli le offerte dei tour che vengono organizzati per visitare l’isola!
Faccio così la sua conoscenza.
Artem è un ragazzo intelligente e sensibile, profondamente interessato e preoccupato per le sorti del suo paese e soprattutto della sua gente.
Ha moltissimi interessi, abbiamo passato delle ore parlando di un milione di cose!
Viaggia la Russia intera in compagnia della sua inseparabile tenda, muovendosi in autostop e vivendo intensamente le persone e i luoghi che incrocia lungo il suo cammino.

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Artem and me,
sullo sfondo la Roccia dello Sciamano

Ha un canale YouTube nel quale narra le loro storie, e le incredibili avventure che vive ogni giorno.
Anche se probabilmente non capirai una sola parola di ciò che dice (il canale è interamente in russo), ti consiglio di dare un’occhiata, ne vale la pena!

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Artem and me,
prima della partenza

IL tour organizzato dell’Isola di Olkhon

Rimango sull’isola due notti soltanto, quel che basta per vederla di sfuggita.
Decido di prenotare uno dei tour offertomi al mio arrivo dalla proprietaria della guest-house, e il giorno dopo salgo sull’ennesimo indistruttibile bus.
Viaggio in compagnia di una simpatica famigliola di Irkutsk.
Ania è una ragazza sveglia e molto dolce, è in vacanza con il marito e i due figlioletti. Per mia grande fortuna conosce un pochino l’inglese, e mi aiuta a capire le spiegazioni che il conducente ci dà ad ogni tappa.

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Kharantsy Cape, immerso nel fumo degli incendi in Siberia

Quando giungiamo a Kharantsy Cape, l’autista ci avvisa che quella che ci circonda non è semplice nebbia, bensì il fumo del grande incendio che sta devastando la Siberia del Nord e l’Artico.
Guardo l’orizzonte grigio sfocato, e un brivido freddo mi corre lungo la schiena. Sembra quasi che la morte ci stia osservando.

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Capo Khoboy, il punto più settentrionale dell’Isola di Olkhon
Le ‘strade’ di Olkhon

Viaggiare sulle ‘strade’ di quest’isola è un’esperienza particolarmente movimentata… il mio consiglio è quello di non mangiare nulla poco prima della partenza, se non si vuole rischiare di vomitare durante il viaggio!

Le ‘strade’ di Olkhon somigliano più a delle colate di fango casuali, che segnano il volto dell’isola come lunghe cicatrici terrose.
L’intero percorso è caratterizzato da fossi profondi e grossi dossi, che rendono il viaggio alquanto avventuroso.
Il senso di marcia predefinito non è assolutamente rispettato, l’intento primario di ogni veicolo che solca queste strade è quello di evitare il maggior numero di buche (anche se a mio avviso è del tutto impossibile).

Le ‘strade’ di Olkhon

Il nostro temerario autista occupa di frequente l’intera carreggiata, zigzagando tra i crateri fangosi e qualche ciclista affaticato che arranca lungo la via.
Quando incrocia un veicolo proveniente dalla direzione opposta, lo schiva all’ultimo minuto con una destrezza ammirevole, spostandosi su una delle tante stradine secondarie che si diramano da quella principale.

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La posta, Khuzhir

Torniamo a Khuzhir verso sera, appena in tempo per correre in posta a ritirare un po’ di soldi. Sull’isola infatti non è possibile pagare con il bancomat, solo l’ufficio postale ne possiede uno.
Per prelevare bisogna fare un pagamento alla posta di tanti soldi quanti se ne vogliono ritirare, e sperare che il bancomat funzioni.
Se tutto va per il meglio, l’addetta dell’ufficio ti consegna la somma desiderata.
Io ho avuto fortuna, dopo soli 3 tentativi sono riuscita nell’impresa!

Ritrovarsi a Khuzhir è come fare un salto indietro nel tempo: le vecchie case si ammassano in disordine lungo le strade di terra battuta, gruppi di cani randagi scorrazzano indisturbati mentre piccole mandrie di mucche pascolano tranquille lungo le vie tra le case.

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L’Isola di Olkhon pullula di questi simpatici camioncini:
vengono chiamati Bukhanka, il pane in cassetta russo, per la loro particolare forma

Olkhon è un luogo magico e pieno di energia.
Quest’isola ha una natura essenziale e dura, a tratti scarna, nuda.
Ogni elemento di cui è costituita custodisce al proprio interno l’essenza di tutti gli altri componenti, dando vita ad uno scenario unico, vibrante di colori vivi e intensi.
L’azzurro chiaro del cielo estivo si mescola al verde cupo delle foreste circostanti, giocando tra i fili d’erba gialla bruciata dal sole. Le pietre grigie rispecchiano il blu delle acque profonde, il fuoco della terra, il nero della tempesta.

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Capo Khoboy, il punto più settentrionale dell’Isola di Olkhon

Se si guarda con attenzione è possibile vedere qualche spicchio di cielo caduto tra le rocce, il gioco dei flutti tra le nuvole, la timidezza del tramonto che si nasconde tra i granelli di sabbia.

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