Sul treno, in terza classe sulla Transiberiana

Il mio viaggio prosegue, questa volta nella terza classe della Transiberiana.
Sono comodamente seduta sul letto che mi è stato assegnato, e non riesco a smettere di guardarmi intorno. Sono elettrizzata e felice, come una bambina il giorno di Natale!
Il vagone del treno è pieno di gente; di tanto in tanto i miei vicini mi guardano con curiosità, probabilmente chiedendosi chi diavolo io sia. Non osano però avere alcun contatto con me, si limitano a osservarmi a debita distanza.
Devono aver intuito fin da subito che non sono russa, e che non parlo russo.
Io comunque, nel dubbio, distribuisco sorrisi a tutti quanti.

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Paesaggio siberiano.

I passeggeri della Transiberiana, i miei compagni di viaggio

Il caso vuole che il letto sopra al mio, sia stato scelto come luogo di ritrovo da un gruppo di ragazzini, tutti intenti a raccontarsi chissà che cosa, mentre giocano a carte.
Guardo perplessa la foresta di gambe e di piedi sopra alla mia testa e mi alzo, cercando di non prendermi inavvertitamente un calcio in faccia.
Cammino lungo il vagone, zigzagando tra le mani e i piedi delle persone addormentate che spuntano qua e là dai letti troppo piccoli.

Raggiungo la capo vagone, in russo pravadnìzza, con l’intenzione di ottenere uno stakàn. Lo stakàn è la tazza in vetro che viene data in dotazione ai viaggiatori, e io ne desidero una dal momento stesso in cui ho messo piede sul treno: lo stakàn rappresenta il simbolo stesso della Transiberiana.
La donna si trova nella sua cuccetta, la trovo intenta a fissare il paesaggio che scorre lento fuori dal finestrino.

La sua figura mi intimorisce un po’, durante il controllo del biglietto mi è sembrata una donna piuttosto burbera.
Mi faccio forza, e richiamo la sua attenzione con la mia frase d’apertura preferita: “Priviet, ja niet gavariu po russki” Salve, io non parlo russo.
Appurato questo punto, proseguo speranzosa: “Vi gavaritie pa angliski?” Lei parla inglese?
L’iniziale titubanza della signora lascia il posto ad un bel sorriso, che le illumina il volto gentile. Mi guarda divertita, scuotendo la testa, come se l’idea che lei possa parlare inglese fosse del tutto assurda.

Io non mi scoraggio e sfodero il mio mitico quadernetto.
“No problem!” le dico, mostrandoglielo con orgoglio.
Lo sfoglio in cerca della frase adatta, e con voce titubante chiedo: “U vas est’ stakan?” Ha per caso un bicchiere?
A questo punto il sorriso della signora si fa ancora più grande. Si volta, prende un bicchiere dalla mensola e mi fa segno di seguirla. Mi spiega come funziona il samavàr, il boiler dell’acqua calda presente in fondo ad ogni vagone, altro oggetto simbolico della Transiberiana.
Guardo il bicchiere in totale adorazione e la ringrazio mille volte.
Da quel momento e per tutta la durata del viaggio, la pravadnìzza avrà nei miei confronti un modo di fare molto materno.

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Il mitico stakàn.

La Transiberiana, un viaggio nella contemplazione del Sé

Ekaterinburg – Krasnoyarsk è una tratta piuttosto lunga.
Trascorro la quasi totalità del viaggio in silenzio, leggendo qualche pagina del mio libro e scrivendo due righe, di tanto in tanto.
Ho modo di riflettere molto, su tantissime cose, con lo sguardo perennemente perso nelle praterie siberiane.
Osservo le persone attorno a me, mi diverto nell’immaginare quali siano le loro storie. In alcuni loro gesti ed espressioni, scorgo talvolta l’ombra delle persone a me care, e un goccia di nostalgia mi carezza il viso.

Una donna, seduta di fronte a me, pettina i lunghi capelli di sua figlia. Si abbracciano, tra mille confidenze a malapena bisbigliate e sorrisi dolcissimi.
Quella donna ha le mani di mia madre.
Le osservo da lontano, con il timore di poter disturbare quel piccolo momento di intimità.

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Passeggeri della Transiberiana, terza classe.

Il treno procede costante, concedendosi solo qualche rara fermata.
Ad un tratto, il bimbo che sta con la sua mamma nel letto accanto al mio, mi si avvicina e mi dice qualche cosa con insistenza. Avrà all’incirca 3 anni.
Io gli sorrido: “Ia nie panimaiu Non capisco!
Lui prende la mia matita, io gli offro il mio quaderno e lui comincia a disegnare. Quando sua madre se ne accorge accorre allarmata e mi guarda dispiaciuta, ma le faccio segno che va tutto bene, non c’è nessun problema.
La ragazza mi sorride, si siede e porge dei biscotti al suo bambino, che però li ignora totalmente.
Rido tra me e me pensando che se qui ci fosse mio nipote, quei biscotti sarebbero spariti in un lampo!
Il bimbo scarabocchia per qualche minuto una pagina del mio quaderno, si alza poi di scatto e corre via, verso chissà quale nuova avventura.

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Passeggeri della Transiberiana, terza classe.
Madre con bambino.

La giornata trascorre serena, tra sorrisi sfuggenti e qualche parola rubata.
Le ore si susseguono pigramente, eppure in un attimo è sera: sto andando verso est, sto rincorrendo il tempo.
Il treno continua la sua corsa senza fretta alcuna, mi lascio cullare dal suo dondolio costante. Chiudo gli occhi e mi perdo nelle chiacchere a me incomprensibili degli altri passeggeri.
Per l’ennesima volta detesto la mia profonda ignoranza.

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Paesaggio siberiano, un treno merci.

La ragazza uscita dal mondo delle fiabe

Il via vai di ragazzini continua anche il giorno seguente, questa volta però con l’aggiunta di un gruppo di ragazze.
Chiacchierano di mille e mille cose, scherzano e si fanno i dispetti. Ridono come matti.
Una di loro mi osserva per un po’, sembra parecchio indecisa. Poi si fa avanti e parlando in un inglese esitante, mi chiede il permesso di sedersi sul mio letto. Senza pensarci due volte rispondo di sì, e sposto le mie cose per farle spazio.
A quel punto, l’intero gruppo esplode in un grido di stupore: è la prima volta che parlano in inglese con uno straniero! Il loro entusiasmo è palpabile e in 5 secondi mi si fanno tutte intorno sommergendomi di domande. Vogliono sapere tutto di me: da dove vengo, quante lingue parlo, quali paesi ho visitato, qual è il mio lavoro.

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Paesaggio siberiano.

Sono interessate soprattutto al motivo che mi ha spinta a venire in Russia per percorrere la Transiberiana: sembra loro assurdo che qualcuno sia interessato a visitare questo paese.
Non è la prima volta che mi viene rivolta questa domanda, e la reazione è sempre la stessa.
Il fatto che io viaggi da sola, sembra interessarle particolarmente, mi chiedono quali saranno le mie prossime tappe.
Si meravigliano di qualsiasi cosa io dica o racconti loro, le domande sembrano non finire mai.
Anche i ragazzi si sono uniti al gruppo, qualcuno chiede alle amiche di tradurre ciò che dico.
Guardando gli altri passeggeri, noto con sorpresa che sono tutti in attento ascolto. Mano a mano che la ragazzina prosegue con la traduzione delle mie avventure, i loro sguardi mi si appiccicano addosso: qualcuno mi osserva con un’espressione enigmatica, qualcun altro mi sorride con approvazione.

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Sosta in una qualche stazione sperduta.

Le ragazzine invece, mi guardano con sguardo adorante. Mi invitano persino ad unirmi a loro per il weekend di campeggio al quale stanno andando!
Una di loro afferma che io sono completamente differente da qualsiasi altra ragazza che lei abbia mai visto: i miei vestiti, la mia vita, il mio modo di fare e di viaggiare.
“You are like a fairy tale girl!”
Beh, nessuno mi aveva mai detto che sembro uscita dal mondo delle fiabe, e questa cosa mi è piaciuta un sacco!

2 Risposte a “Sul treno, in terza classe sulla Transiberiana”

  1. Cara ragazza uscita dal libro delle fiabe. Aspetto di leggere le tue avventure con grande interesse, ci fai partecipi delle tue sensazioni, raccontandoci la vita di mondi tanto lontano da noi.
    Grazie, a presto Lulù

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