Transmongolica, One way to Mongolia

La mia permanenza in terra russa volge al termine; è già passato un mese e il mio visto è oramai agli sgoccioli.
La Transiberiana non è finita, ma muta e si trasforma: la mia Transmongolica sta per avere inizio … o almeno, una sua versione alternativa.

Per l’attraversamento del confine russo-mongolo avevo ideato un piano che, in origine, credevo estremamente semplice e all’apparenza infallibile.
I mezzi su ruota che effettuano la tratta Ulan Udé – Ulan Bator, sono essenzialmente due, ed è possibile scegliere tra il treno e l’autobus.
Per meglio capire quale delle due opzioni mi fosse più congeniale ho fatto qualche ricerca sul Web, che ha indirizzato la mia scelta verso un più economico quanto pratico autobus.

Documentandomi in maniera più approfondita ho scovato alcune informazioni di dubbia precisione, secondo le quali l’autobus avrebbe effettuato la tratta con cadenza settimanale. Mi sono quindi accertata che il giorno della partenza coincidesse con le mie tempistiche assai ristrette, e ho comunicato a Erdem, l’uomo che mi stava ospitando a Ulan Udé, la data esatta.

Ma ahimè, il caro vecchio imprevisto è sempre in agguato, pronto a stravolgere anche la più accurata delle organizzazioni, così da rendere il viaggio un tantino più interessante!

Transmongolica, viaggio in solitaria, Mongolia, Russia
Il mio treno, Sukhbaatar – Ulan Bator

La Transmongolica, i primi intoppi

Per evitare brutte sorprese, il giorno prima della partenza decido di comperare il biglietto del bus che mi porterà in Mongolia; chiedo quindi a Erdem di accompagnarmi alla stazione degli autobus.

Giunti davanti allo sportello, troviamo una signora dall’espressione assai annoiata. Erdem si offre da farmi da interprete e chiede informazioni riguardo all’acquisto di un biglietto per l’autobus per Ulan Bator, per il giorno seguente.
Con voce piatta e tono neutro, la signora annuncia che quell’autobus è in servizio solo il venerdì, questo significa tre giorni dopo la data prevista per la mia partenza.
Le sue parole sono come un pugno nello stomaco: non mi è assolutamente possibile fermarmi in Russia tanto a lungo, a causa dell’imminente scadenza del visto.
Vedendo la mia espressione, Erdem mi rivolge un gran sorriso e, del tutto ignaro della natura della mia apprensione, mi assicura un posto letto fino a quella data.

Spiegandogli l’urgenza della mia situazione, declino a malincuore la sua gentile offerta e gli chiedo di accertarsi dell’esistenza di altre alternative oltre a quella del treno che, dato l’eccessivo costo, avrei voluto evitare.
Erdem riprende quindi a confabulare con la signora.
Nel mentre, io cerco di mantenere in vita la mia ultima scintilla di speranza, anche se nel profondo comincio a temere una risposta negativa. Se così fosse, sarei costretta a prendere il treno e spendere una fortuna.

Dopo qualche minuto di quella che mi pare essere un’intensa trattativa, Erdem sembra aver trovato una soluzione. Raggiante, mi descrive quello che sarebbe stato il mio nuovo programma di viaggio: il giorno seguente avrei preso un autobus con tratta Ulan Udè – Sukhbaatar, una piccola cittadina mongola di confine. Lì avrei preso un treno notturno giungendo a Ulan Bator entro il mattino seguente.
Erdem mi chiede conferma e io accetto senza alcun indugio.

Viaggio in solitaria, Mongolia, Russia
Bus, direzione Sukhbaatar.
La mia Transmongolica ha inizio!

One way to Mongolia, che il viaggio abbia inizio!

Ufficialmente, la linea Transmongolica è una tratta ferroviaria che collega Ulan Udé, in Russia, con la Cina, passando per la Mongolia.
Per forza di causa maggiore, la mia Transmongolica non segue passo-passo le linee di quella originale, ma si divide su più tracciati alternativi percorsi con mezzi differenti.

Mancano pochi minuti a mezzogiorno, l’autobus con il quale attraverserò il confine russo-mongolo è in partenza.
Mostro il mio biglietto all’autista e carico lo zaino in stiva, infine mi volto per salutare il caro Erdem, ringraziandolo un’infinità di volte per la sua estrema gentilezza e grandiosa ospitalità.

Salgo sul bus e ne percorro lo stretto corridoio.
Raggiunto il mio posto a sedere e volgo lo sguardo fuori dal finestrino, per un ultimo triste saluto.
Gli altri passeggeri mi scrutano curiosi e la cosa non mi sorprende affatto, dal momento che tra tutti i passeggeri, io sono l’unica occidentale.

Il viaggio è lungo e noioso, non fosse per le poche parole scambiate con una ragazza che viaggia con la sua famiglia.
Raggiungiamo la dogana di confine verso le 16.30 e ci prepariamo al controllo dei visti e dei bagagli. La trafila burocratica ci ruba un’ora e mezza di tempo, nella quale ho mostrato il mio passaporto ad almeno una quindicina di persone tra addetti alla sicurezza e militari vari.

Quando il bus ci scarica davanti alla piccola stazione di Sukhbaatar, sono già passate le sei del pomeriggio.
Un gruppo di taxisti dall’aria poco raccomandabile affolla il cortile, in evidente attesa del nostro arrivo e molti di loro si raggruppano prontamente attorno al nostro mezzo in manovra.
Non appena metto piede fuori dal bus vengo assalita dal loro vociare confuso, mi si fanno intorno facendo a gara per attirare la mia attenzione con offerte improbabili.
Nel frattempo l’autista del bus ci informa che i biglietti del treno per la capitale sono terminati, ma la cosa non mi convince. La situazione in generale mi insospettisce, ho come l’impressione che sia una bufala. Mi pare di notare una certa complicità tra i taxisti e l’autista dell’autobus.

Transmongolica, viaggio in solitaria, Mongolia
Stazione di Sukhbaatar, Mongolia

Decido quindi di verificare l’effettiva disponibilità dei biglietti per Ulan Bator, e mi allontano dalla confusione del gruppo per dirigermi in stazione.
La ragazza conosciuta poco prima sull’autobus sembra essere della mia stessa idea e insieme alla sua famiglia raggiungiamo la biglietteria. Qui veniamo a sapere che gli ultimi posti disponibili si stanno esaurendo velocemente.
Davanti a noi, una lunga fila di persone è in attesa del proprio turno, sono tutte dirette a Ulan Bator.
La ragazza mi offre il suo aiuto per comperare il biglietto, e per mia fortuna riesco ad accaparrarmi uno degli ultimi posti disponibili.

La partenza del treno è prevista per le 21.00 e nell’attesa instauro un flebile contatto con le persone che mi siedono accanto, fatto di sorrisi e qualche cenno del capo.
Siedo accanto alla mia nuova amica e alla sua numerosa famiglia. Sono tutti molto gentili e curiosi nei miei confronti. Sua madre in particolare vuole fare la mia conoscenza, si dimostra particolarmente interessata al mio viaggio. Quando le dico che viaggio in solitaria, insiste nel darmi il suo numero di telefono e il suo indirizzo, dicendo che per qualsiasi problema avrei dovuto chiamarla.

Sono arrivata in questo paese da meno di 2 ore e un’ondata di generosità mi ha travolta! L’atteggiamento di un popolo è la prima cosa con cui ci si scontra quando si arriva in una nuova terra, e la gentilezza di queste persone è stato un ottimo biglietto da visita.
Non potevo avere una prima impressione migliore di questa.

Transmongolica, viaggio in solitaria, Mongolia
Stazione di Sukhbaatar, il mio treno per Ulan Bator

Una Transmongolica alternativa, il viaggio continua

Sono stanca morta, ma mi consolo pensando di poter dormire durante le otto ore che mi separano dalla mia meta.
Salgo sul vagone e noto che il numero delle persone che vi sono stipate all’interno è un tantino esagerato. I letti del piano terra sono occupati da tre persone ciascuno, mentre i pochi fortunati che stanno nei letti rialzati sonnecchiano comodamente sdraiati.
Solo quando mi metto alla ricerca del mio letto, noto che la numerazione dei posti è alquanto insolita.
Vedendo la mia confusione gli altri passeggeri si attivano per aiutarmi a trovare il posto giusto e mi indicano un letto occupato da altre due persone che, con un gran sorriso, mi fanno segno di sedere in mezzo a loro.
Un pochino perplessa e rassegnata prendo posto e attendo che la grande macchina caotica sulla quale mi trovo si metta in movimento.

Transmongolica, viaggio in solitaria, Mongolia
L’insolita numerazione dei posti, sul treno per Ulan Bator

La mia posizione non è esattamente delle più confortevoli e nel giro di 10 minuti la schiena comincia a chiedere pietà. Il caldo aumenta e le urla dei bambini donano quel tocco in più al grazioso quadretto generale. Il tutto mentre uno sciame di zanzare affamate banchetta voracemente con i nostri corpi sudati.
Il treno comincia ad avanzare e pare faccia una fatica immane tanta è la lentezza con la quale si muove.
Il tempo rallenta drasticamente la sua corsa, secondo dopo secondo si trascina via minuti che a me sembrano durare ore intere.
Ogni tanto butto un occhio all’orologio speranzosa, non è nemmeno mezzanotte e ho già perso la sensibilità del mio corpo. Non riesco a capire dove sia il confine tra me e il sedile, tanto le mie chiappe sono dure. Cerco inutilmente di cambiare posizione con l’unico risultato di peggiorare la situazione.

La gente attorno a me pisola, chiacchiera, mangia.
Guardo con invidia le persone che dormono beatamente nei letti rialzati e la mia mente stanca cade in un vortice di pensieri assurdi.
Sono le due, mancano quattro ore e il magone mi assale.
La testa mi rimbomba, gli occhi mi bruciano, ma io non riesco a dormire. Decido allora di prenderla con filosofia, voglio essere positiva e la mia me interiore cerca di consolarmi: “Che vuoi che siano 8 ore di inferno di fronte all’intera esistenza umana?”
Mi perdo nell’ennesimo vortice di pensieri filosofeggianti sull’importanza dell’attimo, sull’umanità, sulla relatività del tempo.

Insomma, la notte più lunga della mia vita passa così, tra picchi di positività e inesorabili discese nel baratro della disperazione più nera!
Inutile dire che non ho avuto la benché minima possibilità di dormire, tranne forse per qualche discontinuo minuto nel quale sono riuscita a sonnecchiare un po’.
Quando l’alba ha illuminato il mondo e il treno è arrivato a destinazione, ho raccolto le mie membra e come uno zombie mi sono trascinata nella prima caffetteria che ho trovato fuori dalla stazione. Lì ho rimesso insieme i pezzi del mio corpo bevendo un cappuccino annacquato e ho organizzato la mia giornata.

Transmongolica, viaggio in solitaria, Mongolia
Stazione di Ulan Bator, Mongolia

Recuperate le energie, mi dirigo verso il punto MobiCom più vicino e compro una scheda SIM mongola.
Una volta ottenuto l’accesso a Internet tutto diventa più facile!
Contatto quindi la famiglia che mi ospiterà a Ulan Bator per le prossime due notti.
Nel frattempo decido di riposare un poco, e raggiungo un piccolo parco triste accanto alla stazione. Qui faccio la conoscenza di una simpatica signora, con la quale mi fermo a fare due chiacchere.
Come la signora incontrata nella stazione di Sukhbaatar il giorno precedente, anche lei sembra essere particolarmente interessata al mio viaggio.
Prima di lasciarci mi dà il suo contatto Facebook e il suo numero di telefono, pregandomi di contattarla nel caso dovessi aver bisogno di aiuto.
Che dire, mi sono già innamorata di questo popolo!

Una risposta a “Transmongolica, One way to Mongolia”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.