Il Tour organizzato, Prima Parte: l’Amara Disillusione!

Per andare a vedere la muraglia cinese ho fatto lo stupidissimo errore di affidarmi ad un gruppo organizzato. Non so se per paura, pigrizia o insicurezza, ma ho fatto quel che si suole dire la scelta sbagliata.
La possibilità di andare a vedere la muraglia per i fatti miei l’avrei avuta, e con il senno di poi sarebbe stata la cosa giusta da fare!
Ah! Se il vecchio potesse e il giovane sapesse…!

La pubblicità del tour prometteva quanto segue:
‘Visita la Grande Muraglia cinese nella sezione di Mutianyu, apprezza le antiche tombe della dinastia Ming ed esplora una fabbrica di giada e il museo della seta. Prima di rientrare nel tuo hotel di Pechino, assisti alla caratteristica cerimonia del tè in una tipica casa del tè!’
Il tutto al modico prezzo di 30 euro, pranzo, trasporti e tickets compresi.
A mia difesa voglio dire che a conti fatti l’opzione del viaggio organizzato sembrava più conveniente per le seguenti ragioni:

  • Il sito delle antiche tombe dei Ming è una meta ambita che la sottoscritta desiderava visitare. Più precisamente ero interessata alla famosa ‘Via Sacra’, la via che conduce alle tombe, ai lati della quale ci sono un totale di 36 sculture di animali e figure umane. Il sito dista circa 50 km da Pechino e scegliendo di prenotare il tour l’avrei raggiunto comodamente in una mattinata.
  • La parte di muraglia chiamata Mutianyu è una delle più famose e per questo è spesso molto affollata. Questo è ovviamente un punto a sfavore. Ma, mi sono detta, qualche volta nella vita bisogna scendere a compromessi! E poi tra le parti di muraglia più famose e visitate non è nemmeno la peggiore in fatto di affollamento.
  • Avrei visto una fabbrica di giada, pietra preziosa molto amata dai cinesi per le sue numerose proprietà benefiche e medicinali.
  • Il museo della seta? Poteva essere un’interessante opzione!
  • Avrei assistito alla cerimonia del tè, antichissima tradizione cinese.

Ora, converrai con me che ad occhi ingenui questa può apparire come una soluzione miracolosa. Che illusa sono stata!

L’entrata al sito delle Tombe Ming

Ma andiamo con ordine.
Il tour comprende il servizio di prelievo direttamente nel mio ostello, ora prevista: 6.50 del mattino.
Sono le 6.30 quando scendo nella hall e mi siedo in attesa dell’autobus, soddisfatta del mio inusuale anticipo.
Vorrei prendermi un caffè, ma ho il timore di non avere abbastanza tempo e con tutto quello che costa non posso certo rischiare! Nel mio ostello poi, per preparare un caffè impiegano all’incirca 10-15 minuti. Una lentezza la loro, causata dal metodo di preparazione un tantino maniacale: ho notato che il macina caffè rimane sempre vuoto, viene riempito con la corretta quantità di chicchi di caffè solo all’occorrenza. Ogni qual volta gli viene ordinato un caffè, il barista di turno pesa la quantità di chicchi con la bilancia.
Con la bilancia! E lo fa con una precisione straordinaria, al millimetro o, in questo caso, al chicco.
Mi sembra di vedere un piccolo chimico all’opera, soprattutto considerando che tengono il caffè in piccole provette di vetro.
Penso al saggio detto del mio paese, secondo il quale: el cafè se el bef bon, comot e cargà, e cioè che il caffè deve essere buono e carico (di caffeina!), e va bevuto comodamente seduti, per poterlo gustare appieno.
Decido quindi di rinunciare all’irrinunciabile caffè mattutino.
I minuti scorrono, il tempo passa. Controllo l’ora e sono le 7 e dieci. Non posso fare a meno di pensare che di caffè ne avrei bevuti due di fila, ma scaccio dalla mente tale pensiero e paziento seduta sul comodo divano.
All’improvviso fa irruzione nella hall una donna cinese, annunciando affannata una combinazione di lettere e numeri in un inglese un poco storpiato.
Gli sguardi interrogativi dei presenti si posano sulla strana donna che continua a ripetere la misteriosa sequenza.
Intuisco sia una guida, forse la mia. Immagino stia cercando un cliente, probabilmente me.
Il suo modo di fare trafelato mi dà a malapena il tempo di chiedere:” Which name?” Quale nome?
Lei controlla veloce il suo cellulare:” Enlica!” annuncia, confermando i miei sospetti. La sequenza di numeri altro non era che il numero del mio passaporto!
Mi alzo trionfante, lei mi prende per un braccio e senza tante cerimonie mi spinge verso la porta affermando che mi stanno aspettando di sopra.
In quattro salti risaliamo la scalinata che porta alla strada principale e veloci corriamo verso il bus.

Giardini esterni alle Tombe Ming

A causa del traffico il viaggio verso le Tombe dei Ming dura un’ora abbondante. In questo lasso di tempo la guida ci dà qualche scarna informazione sulla dinastia Ming, sul cimitero dove sono sepolti gli imperatori e sulle caratteristiche della giada, la pietra simbolo della Cina.
La pronuncia inglese della guida non è propriamente comprensibile, fatico parecchio a capire le sue rade spiegazioni e a seguire il filo del discorso.
La mia non è una critica, non me lo permetterei mai dato che il mio inglese fa abbastanza schifo.
La mia è un’osservazione: dal momento che il tuo lavoro è quello di dare informazioni storiche a turisti stranieri, ci si aspetta come minimo una piena comprensione del tuo linguaggio da parte dei clienti.
Comunque, finalmente arriviamo alle fatidiche 13 Tombe dei Ming e qui ricevo la prima delusione del giorno.

Giardini esterni alle Tombe Ming

Tre delle tredici tombe sono aperte al pubblico, la guida vuole portarci all’interno di una di queste.
Pagato il biglietto e passato l’immancabile controllo di sicurezza, attraversiamo velocemente il parco esterno. Chi si ferma a fare delle foto viene richiamato dalla nostra guida frettolosa.
Dalle mie parti si direbbe che la g’ha en bisol ent el cul.
… c’è bisogno della traduzione?
Raggiungiamo le tombe scendendo una lunga scalinata e fatto un giro veloce privo di alcuna spiegazione, ritorniamo in superficie.
L’ interno della tomba non è niente di speciale, ci sono le bare. E basta. I muri sono completamente spogli, non c’è alcuna decorazione, incisione, o oggetto funebre esposto. È stato un pochino deprimente, non ho provato nessuna particolare emozione.
Tornati alla luce del sole entriamo in una stanza adibita a ‘museo’, nella quale sono esposti alcuni oggetti funerari. Entriamo, e percorso il perimetro della sala alla velocità della luce, facciamo ritorno al bus incalzati dalla guida ad accelerare il passo.
La Via Sacra non l’ho vista neanche con il binocolo, non è stata nemmeno nominata ma cerco di rimanere positiva pensando che il resto della giornata ha ancora molto da offrire.
Niente di più errato!

Giardini esterni alle Tombe Ming

La prossima tappa è la fabbrica di giada.
Al nostro arrivo ci viene presentata una donna che guiderà il nostro gruppo nella visita.
I primi 10 minuti della suddetta ‘visita’ procedono bene, la guida ci dà qualche informazione interessante sulla pietra, su come viene lavorata e sulla simbologia cinese.
Le cose cominciano a puzzarmi quando entriamo in un’enorme sala, piena zeppa di oggetti in vendita.
La ‘guida’ ci spiega come riconoscere la giada originale dai falsi, dopodiché si dilunga nell’elogiare l’unicità e la qualità dei prodotti lavorati dai loro artigiani.
“Date pure un’occhiata ai nostri prodotti,” dice, “la merce scontata si trova in fondo alla sala!”
Ecco, questa è la seconda delusione barra fregatura della giornata. Dove cavolo sarebbe la fabbrica??
Ho passato un’ora in quel maledetto negozio. Un’ora durante la quale le commesse si sono convertite nella mia ombra, seguivano silenziosamente ogni mio passo, avevo il loro fiato sul collo. Praticamente delle stalker professioniste.
Non appena accennavo a rallentare l’andatura mi si avventavano addosso come sciacalli affamati, mostrandomi l’una o l’altra collana e indicandomi la targhetta con il prezzo.
Un’ansia che non ti dico!

Artigiano all’opera. È ‘esposto’ in una bacheca all’entrata del negozio.

– FINE PRIMA PARTE! –

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